Giuseppe Noia: Nessun aborto può mai essere “terapeutico” – Avvenire – Giovedi 18 Ottobre 2018

In casi di anomalie congenite o di malformazioni, la sola verità che bisogna affermare è che “eliminare” il bambino malato non significa eliminare la sofferenza della donna, della coppia, della famiglia. Questo dato non è un fatto “religioso” o di “fede”, ma un fatto esperienziale che viene riferito proprio dalle migliaia di donne che hanno impattato con questa triste scelta. Tale fatto esperienziale è stato anche intercettato dal mondo della scienza prenatale, da fonti laiche e scientifiche che hanno evidenziato le gravi conseguenze fisiche e psichiche quando viene scelto  l’aborto eugenetico, mentre hanno un minor impatto psicologico quando invece continuano la gravidanza, anche in caso di bambini incompatibili con la vita extrauterina. Un lavoro di Heidi Cope et al., “Pregnancy continuation and organizational religious activity following prenatal diagnosis of a lethal fetal defect are associated with improved psychological out come” pubblicato su una rivista internazionale di alto valore scientifico (Prenatal Diagnosis 2015,35,761-768), ha indagato 158 donne e 109 mariti che hanno perso una gravidanza con anencefalia. Utilizzando scale di valutazione di impatto psicologico (Perinatal Grief Scale, Impact Event Scale, Revised Beck Depression Inventory-II) si è dimostrato che nella popolazione che continuava la gravidanza, vi erano differenze statistiche significative in termini di minor disperazione (p=0,002), di minor evitamento (p=0,008) e di minor depressione (p=0,004) rispetto a chi abortisce un bambino incompatibile con la vita extrauterina come l’anencefalia. La conclusione degli autori era che la continuazione della gravidanza diminuiva la sofferenza psicologica della perdita del proprio bambino. Altri lavori si sono interessati delle conseguenze a breve e lungo termine dell’aborto selettivo (eliminazione di un feto malformato e continuazione della gravidanza con il solo feto sano, in gravidanze gemellari). Dati recentissimi evidenziano come il feto sopravvissuto all’aborto selettivo si porta l’ombra di morte del fratello perduto per molti anni. (Selective fetal reduction in monochorionic twins: Preliminary experience. Dadhwal V, Sharma AK, Deka D, Chawla L, Agarwal N. J Turk Ger Gynecol Assoc. 2018 Oct 9. doi: 10.4274/jtgga.2018.0052). Nell’esperienza dell’Hospice Perinatale del Gemelli 6 pazienti sono pervenute alla nostra osservazione dopo aver rifiutato il feticidio selettivo. Sono state effettuate 37 procedure palliative ai bambini che avevano problematiche di raccolte di liquido addominali e di vesciche patologiche. Tali trattamenti palliativi hanno ottenuto la nascita di 10 bambini su 12 di cui 6 sani e 4 sottoposti a interventi post natali. Attualmente tutti e 10 godono buona salute.

Come ginecologo, Direttore dell’Hospice Perinatale del Gemelli, Presidente dell’A.I.G.O.C. (Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici) e della Fondazione Il Cuore in una Goccia Onlus, ho avuto modo di sperimentare come l’informazione scientifica corretta, l’ascolto partecipato delle sofferenze della coppia e un cammino empatico di medicina condivisa hanno ottenuto risultati inimmaginabili in tante famiglie. E’ una mia esperienza reale che in 40 anni non è tornato mai nessuno a rimproverarmi di averle aiutate a tenere il loro bambino che aveva problematiche congenite e che sono state curate prima e dopo la nascita. Le parole di Papa Francesco, pronunciate in merito alla catechesi sul 5 comandamento “non uccidere”, dobbiamo meditarle molto perché esse possono curare la cecità del cuore, della mente, della ragionevolezza e del buon senso, spesso offuscate dalla ideologia e dalla irrazionalità. In questi 40 anni del nostro impegno scientifico e testimoniale (medici, famiglie, volontari) abbiamo diagnosticato, curato, accompagnato tante condizioni di fragilità feto-neonatali, con le più rigorose e moderne metodologie scientifiche, utilizzando l’ecografia come supporto a terapie invasive a bambini in utero considerati pazienti a tutti gli effetti. Abbiamo provato ad impedire il “furto” della speranza, contemplando frutti di gioia e amore da parte di tante famiglie che sentivano di non essere “accettate” da una cultura che proponeva solo itinerari di morte e che aveva aprioristicamente scartato il frutto del loro amore, definendole “vite inutili”: nessuna vita è inutile così come l’aborto volontario non è mai terapeutico.

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