DALLA DIAGNOSI PRENATALE INFAUSTA ALL’HOSPICE PERINATALE – tratto da LA CASA Sollievo della Sofferenza – ANNO LXIX/NOVEMBRE 2017

Dalla diagnosi prenatale infausta all’Hospice Perinatale

 

Dalla diagnosi prenatale infausta all’Hospice Perinatale” è il tema del convegno medico-scientifico che si è svolto presso la Sala Convegni monsignor Riccardo Ruotolo di Casa Sollievo della Sofferenza, il 27 ottobre, organizzato in collaborazione con la Fondazione Il Cuore in una Goccia Onlus e il Policlinico Universitario Gemelli di Roma. Al Convegno hanno preso parte ginecologi, ostetriche, neonatologi, pediatri, chirurghi pediatrici, infermieri, psicologi e psicoterapeuti e la trattazione dei temi è stata affidata a docenti e moderatori, tra le più alte professionalità mediche specialistiche in Italia.

L’ Hospice Perinatale ha un impatto culturale tra due modi di pensare antropologicamente opposti. Il Primo vive nell’illusione che, eliminando il sofferente, si possa eliminare la sofferenza, il secondo invece, cerca di prevenire le malattie, cerca di curarle, cerca di limitare i danni fisici e psicologici del malato e della famiglia, cerca di lenire la sofferenza nel rispetto più totale della preziosità della vita umana, senza guardare alle dimensioni dell’essere umano, ma solamente al suo valore. Tutto questo esprime il concetto della solidarietà umana, della medicina condivisa, e si traduce nell’espressione “I Care”.

L’Hospice Perinatale non è solo un luogo medico, dove si esprimono esperienze cliniche e scientifiche di tipo medico, ma è un modo di curare il feto ed il neonato, anche nelle condizioni patologiche più estreme. La diffusione della cultura dell’Hospice Perinatale risponde contemporaneamente a due esigenze fondamentali: quella di assistenza al piccolo paziente e di supporto alle famiglie, e quella d una crescita di valore, al contempo, medico scientifico e umano delle strutture ospedaliere che si impegnano nell’apertura di queste unità specialistiche. È questo il vero fondamento della medicina della speranza.

Professore, lei è Primario dell’Hospice Perinatale del Gemelli, cos’è?

L’Hospice Perinatale è un’unità operativa specialistica, nata con lo scopo di accogliere, sostenere e accompagnare quelle famiglie che si trovano di fronte a diagnosi prenatali infauste. Non è solo un luogo medico, ma è soprattutto una modalità assistenziale e relazionale, ed è qui che le famiglie trovano un aiuto medico specialistico d’avanguardia che attraverso la cosiddetta “medicina condivisa” accompagna il bambino e ne assicura, per quanto scientificamente possibile, il benessere, in particolare tramite il ricorso alle cure palliative miranti all’eliminazione del dolore fetale, effettuate prenatalmente con procedure invasive eco-guidate.

Da cosa nasce l’idea della fondazione “Il Cuore in una goccia”

Nasce da un invito fatto da Madre Teresa 35 anni fa, ma formalizzato solamente nel 2015. Nasce dal desiderio di tradurre l’esperienza scientifica in una realtà che esprimesse il servizio di una scienza che oltre il camice indossasse anche il “grembiule”, di medici che si pongono gratuitamente al sevizio di colui che è in assoluto il più debole e fragile tra tutti: il feto con grave patologia e malformazione.

Lei ha conosciuto personalmente Madre Teresa di Calcutta, come ha influito questo incontro nella sua vita professionale?

L’incontro con Madre Teresa è stato un incontro speciale e fondamentale nella mia vita, poiché mi ha dato la chiave affinché appunto la scienza diventasse servizio”. Lei diceva “Voi, io siamo nati non per passare da questa vita senza uno scopo e quel grande scopo è amare ed essere amati e non possiamo amare se non conosciamo”. Ha dato un grande valore alla conoscenza perché ogni forma di conoscenza e di scienza porta a servire la persona debole, fragile, sofferente e questo si traduce in carità e amore.

Padre Pio diceva che bisognava portare al letto dell’ammalato prima l’amore e poi la medicina, come può un dottore che quotidianamente si scontra con la sofferenza a portare ai suoi pazienti gioia e trasmette amore?

Apparentemente c’è una contraddizione, però se siamo cristiani quando ti confronti col dolore e con la sofferenza ti confronti con la croce gloriosa di Cristo possa intristirmi? Non credete che quella croce che è stata segno di resurrezione per l’umanità intera mi fa risorgere ogni volta? Sono le famiglie che fanno queste testimonianze che mi comunicano questa energia, che sicuramente non riuscirei a trovare senza la preghiera. Infatti la Fondazione persegue i suoi obiettivi attraverso tre rami operativi: il ramo scientifico, il ramo testimoniale e il ramo della fede, che è quello che ingloba tutti gli altri. La nostra assistente della fede è Angela Bozzo, figli spirituale di Padre Gerardo di Flumeri, che ha instillato nel nostro cuore la potenza della preghiera. Madre Teresa definì i dottori dei contemplativi in azione, poiché l’azione della scienza per essere feconda ha bisogno del sosteno della preghiera.

Il suo rapporto con Padre Pio e con Casa Sollievo.

Il mio cammino spirituale, la mia conversione ha inizio con un grande figlio spirituale di Padre Pio, conosciuto nel 1974, Don Giuseppe De Santis. Don Giuseppe De Santis era un prete di campagna che ha svolto la sua missione in un piccolo paesino della diocesi di Terni, dove ha fondato la Comunità Famiglia Padre Pio. Figlio spirituale speciale di Padre Pio e da lui diciamo premiato con doni molto particolari, tra cui la scrutazione dei cuori e il dono del consiglio, Don Giuseppe è stato il mio Padre Spirituale per tanti anni mi ha fatto amare Padre Pio, ci raccontava non dei suoi carismi, ma dell’umanità di Padre Pio, di come il Frate si ingegnava a trattenere i suoi figli spirituali qualche giorno in più. Ho conosciuto e incontrato Madre Teresa quando le fu conferita la Laurea Honoris Causa in Medicina al Gemelli. E da quel momento è stato un crescendo, abbiamo messo una goccia, ecco la fondazione, ed è arrivato l’oceano di Dio: 8000 procedure di terapia fetale con 60% di sopravvivenza in buona salute, 4500 ragazze madre seguite, 40000 consulenze da parte di tutta l’equipe, 3000 condizioni di donne che volevano già andare e hanno invertito la rotta, 1200 trattamenti palliativi prenatali. Sono numeri troppo grossi amplificati dalla carità, dall’amore.

Si parla di cultura della vita, ma spesso i medici consigliano l’aborto terapeutico.

Questo è il cosiddetto aborto da ignoranza, di chi non conosce. La scienza ha gli elementi per dimostrare che l’embrione è veramente un protagonista, ma lo dice non cultura cattolica ma il British Medical Journal. L’embrione è un individuo a 360°, relazionato, è un attivo orchestratore del suo impianto e del suo destino futuro. È relazionato con la madre, le manda le sue cellule staminali, la cura, è il medico della madre. Può essere curato sin dal 4° mese come un paziente a tutti gli effetti. È sviluppando queste cose che noi possiamo diffondere una cultura della verità scientifica.

 

 

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